Quando si introduce un particolare approccio alla musicoterapia per le persone con disturbo dello spettro autistico (ASD), è importante evidenziare come la musica possa essere un valido strumento per aiutare nel processo di riabilitazione e di apprendimento. Poiché non possiamo esaminare in dettaglio tutti gli aspetti legati alla musica in questo contesto, vi invito a consultare testi specializzati che trattano la musica dal punto di vista dell’antropologia, dell’estetica e della percezione acustica.
La musica è un’esperienza umana che ci coinvolge profondamente, anche se a volte non ne siamo pienamente consapevoli o non sembriamo interessati. Si ritiene che questa esperienza multisensoriale abbia radici lontane nella storia della nostra specie, con il canto che potrebbe essere stato uno dei primi modi di comunicare, addirittura prima dello sviluppo del linguaggio (come suggerito da Proverbio nel 2019).
Inoltre, alcune ricerche sulle capacità uditive nei feti e nei neonati ci indicano che abbiamo una predisposizione innata a riconoscere e riprodurre suoni musicali (come indicato da Shön, Akiva-Kabiri e Vecchi nel 2018).
Nel campo della ricerca sugli infanti condotta da Daniel Stern, la musica e i suoi elementi come il ritmo, l’intensità, l’altezza e il timbro sono stati identificati come un sistema di comunicazione che facilita l’interazione tra il neonato e il suo caregiver. Questa forma di comunicazione è fondamentale per sviluppare la sincronia e la regolazione delle emozioni, aiutando il neonato e il caregiver a comprendersi meglio. Inoltre, la musica può contribuire allo sviluppo di comportamenti sociali e cooperativi.
La musica ha avuto un ruolo importante in molte culture diverse e in epoche diverse. È stata utilizzata per accompagnare cerimonie, la caccia, la guerra, i riti di corteggiamento e molto altro. In queste occasioni, la musica ha agito come un catalizzatore emotivo e ha unito le persone in momenti significativi.
In alcune culture antiche con credenze magiche e animistiche, la musica è stata utilizzata per entrare in contatto con gli spiriti e persino per aiutare le persone possedute da forze oscure, come nel caso del tarantismo. Nella cultura greca, la musica aveva il potere di influenzare e migliorare gli stati d’animo, aiutando a liberare le tensioni psicologiche.
Nel ventesimo secolo, l’interesse per l’uso terapeutico della musica è rinato, e la musicoterapia è stata applicata in vari contesti con risultati diversi (come descritto da Montinaro nel 2017). Negli ultimi anni, la ricerca e gli studi di neuroimmagine hanno esaminato come la musica influenzi il cervello e la sua capacità di adattamento, oltre a come possa influire positivamente sulla salute e sulla qualità della vita.
Gli studi nel campo della “neuromusica”, che esplorano come il cervello reagisce sia all’ascolto passivo che alla produzione attiva di musica, hanno dimostrato che la musica coinvolge molte aree diverse del cervello in modi sia specifici che integrati. Ad esempio, le regioni cerebrali coinvolte nell’elaborazione e nella produzione del linguaggio si sovrappongono in gran parte a quelle coinvolte nella percezione e nella sintassi musicale.
In breve, la musica è un potente strumento che può influenzare le nostre emozioni, promuovere l’interazione sociale e migliorare la nostra qualità di vita. La ricerca continua a scoprire nuove informazioni su come la musica influenza il cervello e il corpo, aprendo nuove possibilità nel campo della riabilitazione e dell’educazione.
Molte ricerche basate sull’ascolto della musica hanno scoperto che la musica può avere effetti positivi sulla nostra salute in diverse situazioni. Ad esempio, può aiutare a ridurre la pressione sanguigna elevata, a migliorare la situazione dopo un ictus, a contribuire al benessere delle persone affette dal morbo di Parkinson e a supportare coloro che hanno problemi di memoria. La musica può essere utilizzata come parte di una terapia di supporto per ridurre lo stress, l’ansia e la depressione durante vari trattamenti medici.
Studi condotti da Blood e Zatorre, due ricercatori canadesi nel campo delle neuroscienze e della musica, hanno fornito prove interessanti sugli effetti fisici dell’ascolto della musica. Hanno scoperto che le reti neurali coinvolte nell’elaborazione delle emozioni generate da stimoli visivi e musicali sono simili. Inoltre, l’ascolto della musica può avere effetti sulle strutture cerebrali coinvolte nell’emozione e nell’equilibrio emozionale. Queste strutture includono l’insula, che regola il benessere fisico ed emotivo, e alcune parti del sistema limbico, come l’amigdala e l’ippocampo, che sono importanti per la regolazione delle emozioni.
Alcuni studi hanno anche rivelato che l’ascolto di musica piacevole può aumentare la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore legato al piacere, nel cervello (come scoperto da Zatorre nel 2015).
Koelsch, in un altro studio, ha dimostrato che la corteccia uditiva è collegata in modo specifico alle regioni del cervello coinvolte nell’emozione, come il sistema limbico e il sistema paralimbico. Queste regioni cerebrali modulano e regolano come esprimiamo le nostre emozioni. Ad esempio, l’amigdala gioca un ruolo nell’interpretare le informazioni sociali ed emotive legate alla musica, mentre l’ippocampo è coinvolto nelle emozioni legate all’attaccamento e può essere attivato da emozioni positive legate alla musica. Infine, il nucleus accumbens è coinvolto nel circuito della ricompensa, che ci fa sentire bene quando ascoltiamo musica che ci piace.
Altre parti del cervello, come la corteccia premotoria, la corteccia cingolata e la corteccia orbito-frontale, sono coinvolte nei movimenti muscolari e nella regolazione del sistema nervoso autonomo quando ascoltiamo musica (come scoperto da Koelsch nel 2014).
In breve, molte regioni del nostro cervello sono coinvolte quando ascoltiamo e produciamo musica. La musica influisce su come ci sentiamo, ci muoviamo e rispondiamo emotivamente. È un’esperienza coinvolgente che va ben oltre il semplice ascolto e ha un impatto significativo sulla nostra mente e sul nostro corpo.
Oltre agli studi sul modo in cui la musica influisce sul cervello e sulle sue funzioni, ci sono ricerche che cercano di capire come la musica influenzi le emozioni e giochi un ruolo nelle nostre interazioni sociali. Gli aspetti legati alle relazioni tra le persone, come l’imitazione reciproca, la sintonizzazione emotiva e l’empatia, sono fondamentali nelle nostre interazioni sociali e sono strettamente collegati alla musica.
Questi studi stanno mostrando che la musica può essere un potente strumento per motivare le persone a interagire socialmente, aprendo nuove possibilità nell’ambito della riabilitazione e dell’educazione. Alcuni autori hanno usato la musica e i suoi elementi per dimostrare che la sintonia emotiva durante le attività di interazione coinvolge una rete complessa di neuroni nel nostro cervello.
Per dimostrare come la sintonia emotiva e l’empatia durante le interazioni richiedano una coordinazione e una cooperazione motoria, alcuni ricercatori hanno studiato le onde cerebrali di due musicisti che suonavano insieme. Hanno scoperto che i loro cervelli si sincronizzavano per sostenere questa coordinazione durante l’interazione.
Secondo il modello SAME (The Shared Affective Motion Experience) proposto da Overy e Molnar-Szakacs, la musica non è solo un insieme di suoni, ma anche una serie di azioni motorie organizzate in modo gerarchico. Queste azioni motorie, che hanno una componente sensoriale e una risposta emotiva, coinvolgono diverse parti del cervello, tra cui la corteccia temporale, il sistema dei neuroni a specchio frontotemporale (MSN) e il sistema limbico. Queste azioni motorie condivise attraverso la musica attivano le reti neurali che possono adattarsi in base alle esperienze, rendendo l’esperienza musicale condivisa molto più di una semplice esperienza sensoriale.
Quindi, al di là del semplice ascolto e suonare, l’essenza di condividere esperienze musicali sta nel sentirsi connessi con gli altri, riconoscendo le loro emozioni e intenzioni. La musica può aiutarci a fare questo in modo molto speciale.
Recenti ricerche hanno anche aperto la strada all’uso della musica nei processi di cura e terapia. Un esempio viene dall’Anglia Ruskin University in Inghilterra, dove i ricercatori hanno scoperto che i cervelli dei pazienti e dei terapeuti possono sincronizzarsi durante le sedute di musicoterapia. Questo dimostra quanto sia potente l’effetto della musica nell’interazione tra le persone.
Altri studi, condotti presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, si sono concentrati sulla sincronia tra i terapisti e i bambini con disturbi dello spettro autistico durante le sessioni di musicoterapia. Questi studi hanno dimostrato che i bambini con ASD possono apprendere comportamenti di sincronia con gli adulti e possono usarli in altre situazioni interattive. Questi risultati sono importanti perché ci aiutano a capire meglio come funzionano le interazioni mediata dalla musica e quali strategie possono essere efficaci nella riabilitazione e nella cura.
Consiglio la lettura di “Musicoterapia nell’autismo – Un metodo di intervento con bambini e adolescenti per lo sviluppo delle abilità sociali” di Stefano Cainelli